Neurinomi del Nervo Acustico

  • Di cosa si tratta? 

I neurinomi del nervo acustico, che più appropriatamente si dovrebbero definire schwannomi vestibolari poiché originano dalle cellule di Schwann che rivestono il nervo, sono tumori benigni che in realtà più comunemente originano dal ramo superiore del nervo vestibolare che serve per il mantenimento dell’equilibrio. Essi usualmente hanno origine all’interno del canale acustico interno e progressivamente si sviluppano nell’angolo ponto-cerebellare. L’ottavo paio di nervi cranici, denominato stato-acustico, è costituito dal nervo acustico (funzione uditiva) e dai nervi vestibolari superiore ed inferiore (mantenimento dell’equilibrio); ad essi si unisce il nervo facciale, settimo nervo cranico (motilità del volto), costituendo un tronco comune. Questi nervi vengono interessati nel progressivo accrescimento della neoplasia e, man mano che la neoplasia diventa di maggiori dimensioni, anche altri nervi vicini molto raramente possono essere compressi e dislocati, come il nervo trigemino, l’abducente, il glossofaringeo, il vago, l’accessorio spinale, così come il cervelletto, comportando la comparsa di disturbi clinici alle volte molto gravi. L’età più interessata è fra i 35 ed i 60 anni

 

  •  Quali sono i sintomi?

Anche se la neoplasia ha origine dal nervo vestibolare, i primi sintomi riferiti dal paziente sono generalmente di tipo uditivo. Il ronzio avvertito nell’orecchio, acufene, è generalmente il sintomo iniziale più comune, seguito a distanza di tempo dalla comparsa di vertigini. Essendo un tumore a lento accrescimento, molto frequentemente tali sintomi vengono considerati di scarsa importanza, soprattutto se di modesta entità, alle volte per anni, fino a che non compaiono disturbi più importanti quali riduzione della funzione uditiva, disturbi dell’equilibrio, vertigini invelidanti, disturbi della motilità dell’emivolto, disturbi della sensibilità dell’emivolto.

 

  • Quali sono le considerazioni diagnostiche?

 Il primo passo è recarsi da uno specialista che farà una accurata valutazione clinica. La Tomografia Computerizzata (TC) è un esame importante; essa deve essere svolta con acquisizioni ad alta definizione, a strato sottile, in modo da poter valutare l’entità dell’erosione ossea, le dimensioni del canale acustico interno, le alterazioni strutturali dell’osso petroso, conseguenze della crescita della neoplasia. La Risonanza Magnetica (RM) è sicuramente l’esame che meglio mostra la lesione, effettuata anch’essa ad alta risoluzione, in modo da poter rilevare anche piccole lesioni nel contesto del canale acustico interno, così come i rapporti che il tumore contrae con i grossi vasi arteriosi e le strutture venose, i nervi cranici ed il tronco encefalico. Entrambi gli esami dovranno essere effettuati prima e dopo somministrazione di mezzo di contrasto. Gli esami della funzionalità audio-vestibolare sono un altro passo importante della fase diagnostica in quanto ci rendono edotti sull’entità del deficit.

  

  • Quale strategia terapeutica?

Differenti possono essere le strategie terapeutiche: nei casi di tumori di dimensioni piccole (1 cm), con disturbi clinici di modestissima entità, si può adottare la strategia di tenere sotto osservazione il paziente. Questi viene periodicamente valutato (ogni 3-4 mesi) sia dal punto di vista clinico che radiologico, per osservare se la lesione è stabile o tende a modificarsi. In questo ultimo caso si può adottare sia la terapia chirurgica che il trattamento radiochirurgico, ma la decisione deve essere stabilita dal paziente e dal clinico esperto dopo aver valutato e discusso, per ogni singolo caso, i pro ed i contro.
Il trattamento chirurgico viene effettuato in Centri adeguatamente attrezzati per questo tipo di chirurgia, molto complessa in virtù della complessità della regione anatomica, con il monitoraggio neurofisiologico intraoperatorio delle strutture coinvolte.

 

  •  Quali sono i risultati?

I risultati sono anche correlati alle dimensioni della neoplasia; generalmente più essa è piccola, maggiore è la possibilità di ottenere la radicalità chirurgica con eccellenti risultati funzionali, ma dipende anche dalla sua consistenza, aderenze ai tessuti circostanti, ischemia del nervo, trauma meccanico, qualità dell’udito prima dell’intervento, durata dei sintomi. In generale, nelle mani di chirurghi esperti, si può riuscire ad ottenere la radicalità chirurgica in oltre il 90% dei casi, preservare la funzionalità del nervo facciale totalmente od in parte nel 60-70% dei casi e la funzione uditiva nel 40-50% anche a distanza di anni, in relazione alla capacità di discriminazione uditiva preoperatoria, indipendentemente dalla integrità anatomica dei nervi.

 

Prof. Giorgio Iaconetta
Direttore della Clinica Neurochirurgica
A.O.U. OO.RR. San Giovanni di Dio Ruggi d'Aragona - Scuola Medica Salernitana

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