La genetica degli Angiomi Cavernosi

Gli Angiomi Cavernosi o Cavernomi, sono difetti vascolari consistenti in un agglomerato di spazi vascolari provvisti di una parete sottile priva di muscolatura liscia ed elastina e costituita esclusivamente da cellule endoteliali, senza l’interposizione di parenchima cerebrale sano. Tali lesioni sono delimitate da una pseudo capsula costituita da tessuto cerebrale gliotico in cui si possono riscontrare macchie emosideriniche. Macroscopicamente le lesioni appaiono come delle masse rosso-violacee singole o multiple di dimensioni variabili comprese fra un millimetro e qualche centimetro, talvolta multilobari, contenenti emorragie e talvolta calcificazioni. Microemorragie si verificano frequentemente all’interno delle lesioni con un’incidenza che aumenta successivamente al primo episodio, mentre episodi emorragici significativi sono un fenomeno meno comune, con un rischio annuale che varia dallo 0,25% al 6,4%.

La prevalenza degli angiomi cavernosi sporadici nella popolazione generale è di circa lo 0,1-0,5% per le forme sporadiche, con un picco di incidenza tra la seconda e la quarta decade di vita.

La forma familiare si presenta con una prevalenza inferiore a 1:2000; rappresenta circa il 20% dei casi ed è più comune nella popolazione Ispanica, dove il 50% circa dei pazienti portatori di angiomi cavernosi presenta tale forma, rispetto alla popolazione Caucasica in cui è riscontrabile nel 10-20% dei casi.

La forma ereditaria della malattia si trasmette come carattere mendeliano autosomico dominante con penetranza incompleta ed espressività variabile. Entrambe le caratteristiche sono età dipendenti, essendo condizionate dall’epoca in cui si sviluppa la lesione anatomica e dal momento in cui questa si esprime a livello clinico. Un soggetto ammalato ha la probabilità del 50% di trasmettere la mutazione ai figli, indipendentemente dal loro sesso. In una percentuale di casi, non ancora ben nota, le mutazioni hanno una origine “de novo”: ciò significa che i genitori non sono portatori costituzionali della mutazione e il rischio di ricorrenza in altri figli è trascurabile, salvo il caso di una condizione di mosaicismo germinale. La trasmissione della mutazione non comporta automaticamente lo sviluppo di lesioni specifiche, che possono insorgere in epoche variabili oppure rimanere assenti per tutta la vita (penetranza incompleta). Il 70% dei portatori di una mutazione presenta sintomatologia clinica dopo i 20 anni e il 25% resterà asintomatico per tutta la vita.

Studi genetici hanno permesso di mappare e identificare, in tre differenti loci, i geni correlati allo sviluppo dei cavernomi nelle forme ereditarie di malattia: CCM1 sul cromosoma 7q12.2, CCM2 sul cromosoma 7p13-p15, and CCM3 sul cromosoma 3q25.2-q27.

I tre geni noti codificano per differenti proteine coinvolte nella patogenesi delle Malformazioni Cavernose Cerebrali: CCM1 codifica per K-Rev interaction trapped (KRIT1), CCM2 codifica per Malcavernina (MGC4607), e CCM3 codifica per Programmed Cell Death 10 (PDCD10).

Recenti scoperte descrivono l’esistenza di un complesso proteico derivante dall’associazione delle tre proteine codificate dai tre geni CCM correlati e il loro ruolo nei processi di rimodellamento del citoscheletro, di regolazione dell’adesione cellulare alla matrice extracellulare e dell’omeostasi delle giunzioni tra le cellule endoteliali.

Il gene KRIT1 è responsabile di circa il 56% di tutte le forme ereditarie, mentre il gene MGC4607 di circa il 33% di esse. Il terzo loco genico, identificato da screening di mutazioni del gene PDCD10, presenta mutazioni solo in una bassa percentuale di casi familiari (6%), suggerendo l’esistenza di un quarto gene localizzato in prossimità dei tre geni noti. Sono state descritte molte mutazioni costituzionali, la maggior parte delle quali responsabili di una prematura terminazione del codone con conseguente perdita di funzione del prodotto proteico codificato.

Il meccanismo molecolare patogenetico delle malformazioni cavernose cerebrali non è completamente conosciuto, tuttavia è stato proposto un modello che rispecchia “l’ipotesi dei due colpi ” (“two-hit hypothesis”) di Knudson: una mutazione germinale in uno dei due alleli (il primo colpo, cioè la prima mutazione inattivante uno dei due alleli) ed una mutazione somatica nell’altro allele (secondo colpo) che porterebbe alla perdita completa di funzione di una delle proteine CCMs correlate.

La predisposizione allo sviluppo di angiomi cavernosi nella forma ereditaria segue una modalità di eredità dominante. Secondo “l’ipotesi dei due colpi” essa sarebbe dovuta all’eterozigosi per una mutazione ereditaria con perdita di funzione di uno dei geni CCMs correlati. La malattia si sviluppa solo se avviene una seconda mutazione nelle cellule somatiche, annullando la funzione dell’allele selvatico. Quindi, lo sviluppo della malattia richiederebbe due mutazioni con perdita di funzione, cioè due colpi di inattivazione, uno in ciascuno dei due alleli dei geni candidati.

La forma ereditaria è definita dalla presenza di angiomi cavernosi in almeno due membri della stessa famiglia, e/o dalla presenza di lesioni multiple, e/o dall’identificazione della mutazione causante la malattia nei geni CCM1, CCM2 o CCM3. I familiari asintomatici a rischio di essere portatori della malattia dovrebbero essere valutati a qualsiasi età mediante studi di genetica molecolare così da consentire una diagnosi precoce e da monitorare nel tempo coloro che presentino un elevato rischio di sviluppare le lesioni. La diagnosi molecolare è consigliata nei soggetti in cui sia presente almeno un familiare con la malattia o in caso di cavernomi multipli. L’analisi di laboratorio deve essere preceduta dalla consulenza genetica e dalla sottoscrizione di un consenso informato.

Trattandosi di una malattia eterogenea da un punto di vista genetico, è consigliabile in prima istanza uno studio di linkage con marcatori micro-satelliti per verificare l’eventuale associazione della malattia con uno dei tre loci noti. In caso di negatività si procede allo screening delle mutazioni di un gene per volta con modalità sequenziale: il primo gene ad essere analizzato è KRIT1, successivamente in caso di negatività si procede con l’analisi del gene MGC4607 e, in caso di ulteriore negatività, si analizza il gene PDCD10. In caso di esito negativo, si effettua uno studio con metodica MLPA (Multiple Ligation Probe Amplification) che consente di rilevare eventuali riarrangiamenti genomici, quali delezioni di singoli esoni o di regioni più ampie. Il risultato dell’MLPA potrà essere confermato, laddove possibile, con la segregazione del riarrangiamento identificato all’interno della famiglia in esame e/o con studi sull’mRNA. Qualora non si evidenzi alcuna mutazione, se l’albero genealogico è particolarmente esteso e presenta numerosi soggetti affetti e non affetti, è proponibile uno studio di linkage sull’intero genoma (Genome Wide Search) per l’identificazione di ulteriori loci-malattia.

I soggetti che abbiano sviluppato cavernomi multipli ma che siano risultati negativi allo screening di mutazione per i geni noti sono da considerarsi potenzialmente affetti dalla forma familiare, considerando che è stato isolato un discreto numero di famiglie con cavernomi i cui geni non sono stati ancora identificati. Il riscontro di mutazioni costituzionali in un probando è motivo sufficiente per estendere i test di diagnostica molecolare anche agli altri membri della famiglia. Nelle famiglie in cui sia stata evidenziata una mutazione costituzionale è possibile eseguire uno screening neonatale, opzione che comporta tuttavia non trascurabili problematiche etiche.


Dott. Leonardo Gorgoglione
Responsabile Struttura Interdipartimentale di Neurochirurgia Sperimentale e Translazionale
Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza - IRCCS 
San Giovanni Rotondo (FG)

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