Chirurgia dell’Epilessia

  • Quali sono le forme di epilessia che possono beneficiare di un trattamento chirurgico?

Circa il 30% dei pazienti con epilessia sviluppano una condizione di farmacoresistenza che consiste nella persistenza delle crisi epilettiche, nonostante l’adozione di almeno due farmaci specifici per il particolare tipo di epilessia, ben tollerati, somministrati alla massima dose possibile per il paziente e per un adeguato periodo di tempo, in monoterapia o in associazione con altri farmaci. In questi casi può essere avviato un iter per valutare l’effettiva indicazione ad un intervento chirurgico. Si calcola che almeno il 15-20% dei pazienti con epilessia farmacoresistente potrebbe giovarsi di un intervento chirurgico curativo. Si tratta di pazienti con epilessia focale ovvero ad origine da una specifica area della corteccia che se asportata o isolata funzionalmente permette di ottenere il completo controllo dell’epilessia. Le patologie che sono più frequentemente associate a questa situazione clinica sono la sclerosi ippocampale, le patologie malformative corticali (i.e. displasie), le neoplasie di basso grado di malignità (LEATs: Low-grade Epilepsy Associated Tumors), gli esiti di eventi remoti (i.e. anossia-ischemia, traumi, infezioni), alcune malformazioni vascolari (i.e. angiomi cavernosi). 

 

  • Qual è lo scopo del trattamento chirurgico?

Lo scopo della terapia chirurgica è duplice: da un lato la rimozione o l’isolamento della regione cerebrale responsabile delle crisi, chiamata zona epilettogena; dall’altro il mantenimento dell’integrità funzionale del soggetto, attraverso la preservazione dei territori cerebrali implicati in importanti funzioni neurologiche.

 

  • Nei casi non operabili è comunque possibile fare qualcosa?

Nei casi che non possono essere sottoposti a interventi di chirurgia resettiva o disconnettiva, perché le crisi hanno un’origine da più zone del cervello oppure perché troppo a rischio, sono proponibili trattamenti alternativi, detti palliativi, che hanno lo scopo di diminuire la frequenza e intensità delle crisi e la somministrazione dei farmaci. Fanno parte di questi interventi l’applicazione dello stimolatore vagale, l’impianto di dispositivi di stimolazione cerebrale profonda e specifici interventi di disconnessione come la transezione subpiale multipla e la callosotomia.

 

  • Come avviene la selezione dei casi candidati a chirurgia?

L’identificazione della zona epilettogena si basa su una serie di indagini di tipo clinico (analisi dei sintomi in corso di crisi epilettica), neurofisiologico (valutazione delle caratteristiche del tracciato elettroencefalografico), neuroradiologico (studio delle caratteristiche morfologiche, metaboliche e funzionali: RM encefalo, PET cerebrale). Ciascuna di queste fasi dello studio prechirurgico coinvolge specifiche figure professionali che costantemente condividono e discutono i risultati ottenuti per formulare la corretta indicazione. In casi selezionati in cui le indagini non invasive non sono conclusive ma esiste una fondata ipotesi epilettogenica, si prosegue con il monitoraggio invasivo che prevede la registrazione dell’attività corticale in continuo attraverso il posizionamento di elettrodi di profondità (SEEG) o di elettrodi corticali (grids, strip). La valutazione invasiva non solo permette di definire con precisione l’attività epilettiforme intercritica e critica dell’area di interesse e quindi porre l’indicazione chirurgica, ma può escludere o confermare il coinvolgimento di aree corticali o sottocorticali eloquenti e può essere utilizzata per evocare la crisi. 

 

  • Quali sono le percentuali di successo di un trattamento chirurgico?

Circa il 70 % dei pazienti operati ottiene un risultato soddisfacente, in termini di controllo delle crisi epilettiche. L’assenza di crisi consente di ridurre ed eventualmente di sospendere progressivamente la terapia farmacologica. Inoltre, soprattutto nell’ambito pediatrico, l’assenza di crisi permette un fisiologico sviluppo neuro-cognitivo e comportamentale, di favorire o recuperare l’autonomia personale, di risolvere gli effetti collaterali secondari alla terapia medica.

 


A cura della Commissione Chirurgia dell’Epilessia della LICE (Lega Italiana Contro L’Epilessia)

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